“Sappiamo che la disponibilità di Big Data ha ampliato in misura esponenziale la possibilità di estrarre valore dai dati medesimi; ma sappiamo altresì che sussiste una diffusa ignoranza digitale nella maggioranza delle persone che quotidianamente, talora senza neanche accorgersene, cede gratuitamente i propri dati personali ai grandi aggregatori. Far crescere questa consapevolezza, alfabetizzare, lavorare affinché ciascun individuo maturi la piena cognizione della propria identità digitale, ormai indissolubile dai tratti personali più abituali, è la sfida che ci attende, e che può essere raccolta con successo solo grazie a un serio lavoro comune di Parlamento, Autorità e istituzioni scolastiche”, questo il monito di Angelo Cardani nella sua ultima Relazione alle Camere come presidente dell’AgCom.
Nel contempo, denuncia “l’essere privi di un puntuale riferimento legislativo idoneo a orientare il nostro operato. Si tratta di temi che investono in larga misura la rete Internet e i suoi protagonisti globali, terreni dove persistono ampi vuoti normativi e conseguenti problemi di adeguamento degli ordinamenti per via interpretativa e giurisprudenziale”. Ma ricorda: “Pur tuttavia qualcosa siamo riusciti a fare in quest’ultimo anno: penso a Facebook e Google che sono oggi tra i soggetti censiti presso il Registro degli operatori di comunicazione, concorrendo alla determinazione dei ricavi del sistema integrato delle comunicazioni. Entrambi forniscono dati economici annuali che ci consentono di operare al meglio delle nostre possibilità. Penso anche a quelle società del gruppo Amazon che, come innanzi ricordato, sono soggette al nostro intervento regolamentare e di vigilanza alla stregua di operatori postali. Sono tutti segni che il nuovo – come è giusto – si fa avanti, ma che la regolamentazione – come è altrettanto giusto – non arretra, nell’interesse del pluralismo dell’informazione, della concorrenzialità dei mercati – attraverso il contrasto alle posizioni dominanti – e della tutela dei diritti dei consumatori”.
Per Cardani si chiude un settennato difficile. “Nel luglio del 2012, all’inizio dell’attuale consiliatura, il Paese era nel pieno di una crisi economica globale di gravi proporzioni. A partire dal 2009, per un lungo quinquennio, il quadro macroeconomico generale ha vissuto un sostanziale deterioramento, fatto di stagnazione della ricchezza e dei consumi, di incertezza diffusa, di diminuzione degli investimenti, dell’occupazione e del potere di acquisto delle famiglie. Una modesta inversione di rotta si è innescata solo a partire dal 2015. I dati relativi ai mercati regolati da Agcom rispecchiano la situazione generale del Paese appena descritta. Il valore economico del settore delle comunicazioni valeva 61 miliardi nel 2012, 56 l’anno successivo e 52 nel 2014 e nel 2015. Una lenta e modesta inversione di rotta inizia solo nel 2016. L’anno passato il valore economico del complesso dei mercati regolati da Agcom ha toccato i 54 miliardi di euro. Osservati dal punto di vista delle dinamiche dei mercati regolati, questi sette anni sono stati dunque anni assai difficili, di vero e proprio declino per alcuni settori, di sostanziale stagnazione per molti altri, e con solo un paio di indicatori macroeconomici in controtendenza”.
“Nelle telecomunicazioni tra il 2011 e il 2018 si sono persi circa ¼ dei ricavi – osserva -. Nello stesso periodo, nel settore media il trend fortemente negativo dei ricavi pubblicitari ha trascinato in rosso i conti sia della tv in chiaro (-13% il valore economico del settore), dove resta peraltro largamente prevalente, nel contesto competitivo globale multipiattaforma, l’offerta in tecnologia digitale terrestre, sia della tv a pagamento (-2% nonostante l’aumento dei ricavi da abbonamenti). Il settore editoriale ha proseguito una fase di vero e proprio declino strutturale con un calo generalizzato di valore economico (-40%), investimenti, occupazione, ricavi. Quanto al settore postale, oggetto di regolamentazione a partire dal 2012, a fronte di un declino dei volumi e del valore del mercato tradizionale della corrispondenza, abbiamo assistito ad una crescita esponenziale del mercato dei pacchi, sull’onda dell’esplosione dell’e-commerce. L’altro indicatore economico in crescita, ancorché ancora attestato su valori assoluti non di prima grandezza, riguarda il mercato della raccolta della pubblicità online, le cui risorse sono passate dai 1407 milioni circa del 2011 agli oltre 2700 milioni del 2018 (+93%)”. E sottolinea: “I mercati della comunicazione già da tempo, e sempre più in futuro, dovranno fare i conti con l’innovazione tecnologica (si pensi in particolare agli scenari del 5G e dell’internet delle cose), con i sempre più frequenti processi di convergenza tra telco e media, con i continui mutamenti nel comportamento dei consumatori”.
Il futuro? “Le sfide regolamentari dei prossimi anni, quelle con cui l’Autorità e il suo nuovo Consiglio dovranno misurarsi, sono particolarmente ardue. Quelli a venire saranno gli anni in cui bisognerà fare i conti soprattutto con l’affermazione dell’intelligenza artificiale e con il cambio di parametro (ancora uno) che ne deriva. Quale disciplina per i big data, quali regole per il 5G e l’internet delle cose, come approcciarsi al machine learning ed agli algoritmi di apprendimento; come atteggiarsi dinanzi al successo della nozione di singolarità di Kurzweil che postula il superamento dell’intelligenza umana da parte dell’intelligenza delle macchine?” In agguato un grande rischio sul fronte del “pluralismo informativo” e della “dignità dell’uomo, ovvero al destino dell’informazione, al governo delle opinioni pubbliche, ai rischi di manipolazione del consenso, alla frontiera costituzionale dei diritti inviolabili della persona, al tempo dell’internet e dei social”.
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