“Mi è stato riferito che Cosimo Donato e Faustino Campilongo hanno partecipato al triplice omicidio”. Lo ha raccontato il collaboratore di giustizia Michele Bloise alla Corte di Assise di Cosenza (presieduta dal giudice Giovanni Garofalo, a latere la collega Francesca De Vuono) spiegando i rapporti avuti con Giuseppe Iannicelli, ammazzato assieme al nipotino Cocò Campolongo e alla sua compagna. Il bambino di soli tre anni è stato ucciso e bruciato in auto nel gennaio 2014, a Cassano allo Jonio, con il nonno Giuseppe Iannicelli e la compagna marocchina di questi Ibtissam Touss. Lunedì mattina, nell’aula della Corte di Assise di Cosenza, è stato ascoltato il collaboratore di giustizia Michele Bloise sentito come testimone dell’accusa nel processo a carico di Cosimo Donato detto “Topo” e Faustino Campilongo detto “Panzetta”. I due sono accusati di triplice omicidio. In particolare, secondo l’accusa contestata dalla Dda di Catanzaro, i due avrebbero attirato in una trappola Giuseppe Ianniccelli, per conto del quale spacciavano droga, perché divenuto un personaggio scomodo per la cosca degli Abbruzzese e anche per aumentare il proprio potere criminale. Il piccolo Cocò, secondo la ricostruzione fatta dai carabinieri del Ros e del Comando provinciale di Cosenza, sarebbe stato ucciso perché il nonno lo portava sempre con sé, come uno “scudo umano”, per dissuadere i malintenzionati dal colpirlo. Dopo il triplice omicidio, gli assassini bruciarono l’auto di Iannicelli con all’interno i tre corpi. “Non so con sicurezza se sono stati loro Donato e Faustino a sparare ai tre. Alla mia ex moglie hanno detto che sono stati loro a fare l’omicidio”. È quanto ha riferito il pentito al procuratore aggiunto della Dda Vincenzo Luberto che rappresenta la pubblica accusa assieme al sostituto Saverio Vertuccio. In un primo momento il pentito li ha definiti killer ovvero esecutori materiali, ma nei verbali aveva parlato di loro come coloro i quali avevano dato degli appuntamenti. Dopo diverse contestazioni del procuratore Luberto, Bloise ha ribadito di aver saputo del “coinvolgimento dei due imputati nel triplice omicidio ma non sa bene in che ruolo”. “Magliari, capoclan di Altomonte – ha aggiunto – si è servito di questi due ragazzi. Ho saputo dai media dove è stata trovata la automobile bruciata con i corpi carbonizzati e ho pensato che quella strada è la scorciatoia che percorrevamo insieme”.