C’è fermento nel Pd per evitare quella scissione che appare ogni giorno più vicina. “Il verbo del congresso e delle primarie non è ‘Andatevene!’ ma ‘Venite!’, portate idee, portate sogni, portate critiche. Venite, partecipate. È inspiegabile far parte di un partito che si chiama democratico e aver paura della democrazia. Quando si è votato per fare il congresso – dopo quattro ore di riunione in direzione con oltre un milione di persone che hanno seguito il dibattito – è finita 107 a 12 per quelli che vogliono fare il congresso. Venite, amici. Dico anche a chi sta fuori dal Pd ‘venite e iscrivetevi’ (c’è tempo fino al 28 febbraio)”. Lo scrive il segretario dem Matteo Renzi nella sua enews. “Facciamo presto il confronto interno, anche perché sono tre anni che tutti i giorni discutiamo al nostro interno. E poi riprendiamo a parlare fuori. A fare proposte al Paese. A confrontarci sui problemi reali delle persone”, spiega l’ex presidente del Consiglio che invita “a vivere il congresso non come scontro sulle poltrone, ma come confronto di idee”. Ma dalla minoranza la replica che arriva a queste parole è tutt’altro che all’insegna della distensione. Enrico Rossi, Michele Emiliano e Roberto Speranza, i tre candidati alternativi in contrasto col leader, in una nota congiunta, sostengono che la direzione “ha sancito la trasformazione del Partito democratico nel Partito di Renzi, un partito personale e leaderistico che stravolge l’impianto identitario del Pd e il suo pluralismo” e che le loro richieste “sono rimaste inascoltate”.
E a rabbonirli non è bastato neanche l’annuncio dell’ex premier di mettersi da parte. Dalla segreteria di Largo del Nazareno si fa sapere che non ci sarà alcuna “reggenza” del capo uscente. Renzi nel fine settimana lascerà la poltrona più alta del Pd come aveva fatto il 4 dicembre con quella di presidente del Consiglio. La gestione “temporanea” verrà affidata al presidente Matteo Orfini. A lavorare contro la scissione ci sono in prima fila i ministri Dario Franceschini e Graziano Delrio ma segnali di pace sono arrivati anche dal ministro della Giustizia Andrea Orlando che aveva in direzione polemizzato sul congresso anticipato e aveva chiesto una conferenza programmatica. “Le correnti non si scindono, semmai si riarticolano: la scissione che ci preoccupa e’ quella che potrebbe vedere la rottura del Partito democratico”, ha detto il ministro della Giustizia. “C’è la volontà di proseguire a dare un contributo all’attivita’ del partito, uno sforzo per evitare ogni tipo di scissione, integrando il percorso che ci separa dalle elezioni con momenti di significativa riflessione programmatica”. “La divaricazione forse è già insanabile. Gli elettori hanno perso la speranza. Sabato lanciamo la nostra proposta, l’ultima chance al Pd. Se Renzi accetta, bene. Altrimenti, domenica andremo via. Mi sforzo di evitare lo strappo, ma fedele ai miei valori”, afferma Michele Emiliano, presidente della Regione Puglia, in un’intervista a Repubblica spiegando che l’ex premier deve “accettare una conferenza programmatica, poi un congresso che non sia un rito abbreviato. In autunno”.
Cronaca, Pd
Pd, Renzi: inspiegabile avere paura del Congresso. Ma la scissione è dietro l’angolo
Prosegue la mediazione ma la minoranza del Pd attacca. Emiliano-Rossi-Speranza: "Ha sancito la trasformazione del Partito democratico nel Partito di Renzi"
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