“Il processo penale vive nel ragionevole dubbio che l’approdo finale può essere fallace essendo fisiologico un distacco tra quanto effettivamente successo e quanto è oggetto di prova in sede processuale. Il compito del legislatore prima e del giudice dopo è quello di prevedere e utilizzare gli strumenti processuali per colmare quanto più possibile il naturale gap tra verità sostanziale e verità processuale. Il miglior utilizzo dei mezzi previsti dal nostro ordinamento per la ricostruzione del fatto di reato vanno collocati nel quadro dei principi costituzionali (tra cui il giusto processo, ex 111 Cost, il contraddittorio, il diritto di difesa) e possono consentire una sempre maggiore aderenza tra verità storica e verità processuale. Non è inoltre possibile ed è nocivo desumere verità storiche da sedi diverse da quella processuale. E’ importante poi sottolineare che l’accertamento del reato va compiuto nel quadro delle garanzie (per la collettività e per l’imputato) e della certezza e come insegna la Corte Costituzionale deve ispirarsi “a criteri che allo stato delle conoscenze attuali appaiono verificabili”. Lo ha dichiarato il sottosegretario al ministero della Giustizia, Cosimo Maria Ferri, intervenendo al convegno ‘Verità e scienza nel diritto e nel processo penale” organizzato dalla professoressa Liliosa Azara dell’Universita’ Roma Tre
Politica
Giustizia, Ferri: determinare verità processuale sempre più aderente a verità storica
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