“La politica, quella che è chiamata ad esercitare la responsabilità del governo nazionale, è tentata sempre di fermarsi a Roma. Tra i Palazzi dei Ministeri o i salotti. Sembra patire una sorta di miopia congenita, che le fa negare, spesso, l’esistenza del Paese reale, fatto di persone, di comunità etniche, culturali e linguistiche diverse. Una Repubblica ‘democratica’ articolata in comuni, province e regioni. Così come detta la Costituzione. Questo è un limite che sembra colpire anche parte della sinistra. Quella sinistra che ama guardare sé stessa, compiacersi della propria empatica sensibilità verso chi soffre. Così che, quando si fa partito, spesso si chiude in un gruppo dirigente a gestione centralistica e autoritaria. Anche per questo non convince la proposta di Sinistra Italiana, così come è stata fallimentare l’esperienza di Rivoluzione Civile”. Lo sottolineano in una nota congiunta la senatrice Alessandra Bencini e i senatori, Dario Stefàno, Lorenzo Battista, Luis Alberto Orellana, Maurizio Romani, Francesco Molinari e Luciano Uras.
”Quando nessuno ci credeva – continuano – abbiamo lavorato ad un’ipotesi politica aperta, capace di unire democratici e progressisti, di contribuire a superare le contraddizioni che le forze avanzate vivono quando si devono assumere ruoli di governo locale o nazionale. Sullo stesso obiettivo stiamo lavorando anche oggi. Vogliamo che la politica traduca finalmente nei fatti la centralità dei territori, delle periferie, in funzione di una rinascita civile, economica e sociale del nostro Paese. In questo, la politica progressista si gioca tutta la sua credibilità. Nell’anno in cui ricorre l’ottantesimo anniversario dalla morte di Antonio Gramsci, martire antifascista, intellettuale di straordinaria forza morale e rigore culturale, uomo di Sardegna e del Sud e autore di una delle più illuminate analisi della questione meridionale, da lui prendiamo il coraggio per dire che non basta una politica che si ferma a Roma e che non abbraccia audacemente il meridione d’Italia”.
“L’insegnamento di Gramsci – dicono ancora – richiama il valore dell’alleanza tra i popoli e i territori, per sconfiggere il disagio di ogni mezzogiorno, condizione necessaria per costruire il futuro, non solo del nostro Paese. Il ritrovato protagonismo delle terre del sud e di quelle insulari è obiettivo necessario per sconfiggere centralismi fino ad oggi soffocanti, per superare quei colli di bottiglia che hanno soffocato la creatività e hanno escluso tante energie, regalando ad interi territori solo la prospettiva dell’assistenzialismo o relegando interi territori a mero mercato di consumo. Ecco perché chi guarda al progresso deve sapere che per raggiungerlo è necessario unire quelle parti del Paese che godono di una condizione di maggiore sviluppo, di un’economia più sana e robusta, con quelle che sono state mortificate, anche dallo Stato, prima e dopo la Resistenza. Occorre avviare una nuova stagione di pari opportunità. Lo dobbiamo alle comunità del Mezzogiorno e delle Isole. Lo dobbiamo a tutti quelli, come Gramsci, che hanno sacrificato sé stessi per emancipare dal bisogno i più sofferenti”.
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