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Calabria

Cosenza, emergenza idrica; Occhiuto: fuori i privati da gestione acqua

Sindaco: maggiori deleghe a Comuni e Provincie
fonte: ilVelino/AGV NEWS
di N&C

“La gestione di Sorical dell’acqua in Calabria è risultata un fallimento. Hanno dimostrato di essere incapaci di investire e di conseguenza hanno peggiorato la situazione di un settore già di per sé complesso”. È quanto afferma in una nota il sindaco di Cosenza Mario Occhiuto. “Ritengo che le reti di distribuzione debbano essere gestite dai Comuni, mentre la rete di adduzione potrebbe essere affidata a un Consorzio formato dai medesimi Comuni interessati – ha affermato il primo cittadino -. La Regione deve occuparsi esclusivamente di fare programmazione, assegnando maggiore potere e deleghe ai Comuni e anche alle Province. I beni di prima necessità devono essere di proprietà pubblica in base al principio della sussidiarietà, con la gestione affidata agli enti più vicini ai cittadini, in modo che vi sia una partecipazione diretta riguardo, appunto, la fruizione dei beni primari e dei servizi di prima necessità. Per questo motivo occorre attuare un percorso per la loro riappropriazione”.

“Troppi abusi a danno dei cittadini non possono più essere tollerati – ha proseguito Occhiuto -. Il passaggio intermedio che si interpone tra le sorgenti e i fruitori finali non può essere ricondotto a un soggetto privato che ha dimostrato di non sapere apportare miglioramenti, utilizzando vecchie infrastrutture non valorizzate adeguatamente. Che fine hanno fatto i milioni e milioni di euro che la Sorical avrebbe dovuto investire sulle reti? Il socio privato Veolia, come se non bastasse, ha incassato soldi pubblici e adesso vuole letteralmente volare via. La Regione aveva le risorse europee per finanziare le opere di efficientamento delle reti di distribuzione dei Comuni e ha preteso di fare un accordo quadro per gestire e appaltare gli interventi in maniera diretta. La conseguenza è stata che non è riuscita neanche ad iniziare i lavori, facendo così duplicare la spesa occorrente e già finanziata con fondi strutturali perché intanto i Comuni sono stati costretti ad intervenire per riparare di volta in volta la rete (opere appunto comprese nell’appalto regionale)”. “Ho scritto una corposa memoria al Prefetto, documentazione incentrata perlopiù sulla ipotetica configurazione del reato da parte della Sorical, non avendo adempiuto completamente, la società, alla recente ordinanza emessa dal primo cittadino. Quando vengono gestiti da privati – spiega ancora Occhiuto -, i servizi pubblici devono poter mantenere i requisiti del servizio pubblico, ovvero mantenere i criteri di economicità per i cittadini-utenti, di trasparenza e di legalità. Il principio vale pure per il ciclo dei rifiuti, per i trasporti, per la Sanità. Le multinazionali (ad esempio con i termovalorizzatori di Gioia Tauro) sono arrivate in Calabria a gestire la cosa pubblica soltanto con lo scopo di prendersi i finanziamenti, andando poi via, e lasciando disastri e mancati investimenti. Affidare ai privati la risoluzione dei problemi della collettività, quindi, non è positivo quando i privati prediligono vantaggi diretti anziché di natura comunitaria. E’ l’ambito del pubblico che deve avere le competenze e la volontà di indicare la strada. Ci devono essere programmi chiari e progetti concreti”.

 “Tornando quindi all’acqua, gli stessi cittadini italiani, con il referendum del giugno 2011, hanno dato un chiaro segnale dell’indirizzo che deve assumere la questione. Lo testimoniano di continuo i numerosi comitati e associazioni che si battono per l’acqua pubblica. Su questo tema la popolazione italiana si è già espressa – sottolinea Occhiuto – Perché l’acqua, come l’aria, è un bene vitale e pertanto deve tornare a diventare davvero un bene comune, di tutti, senza la scure di chi arriva a ridurne arbitrariamente la portata nelle abitazioni e nelle strutture come ospedali o cliniche”. “Per raggiungere gli standard dei Paesi europei – conclude – dobbiamo sperare che si affermi anche da noi in Calabria la coscienza civica per cui ciò che è di primaria necessità debba essere comune e appartenere davvero a tutti”.