È guerra sull’olio di palma tra chi è convinto che fa male alla terra e all’uomo e chi lo difende a spada tratta. Il Movimento Cinque Stelle ha chiamato a raccolta gli esponenti di Amnesty International e dell’Istituto Superiore di Sanità per dire: riconvertite le filiere, fa male. Ma i produttori non ci stanno e sciorinano, uno ad uno, tutti i motivi perché è invece ‘sostenibile’.
Qui di seguito AGRICOLAE ha raccolto i vari interventi, uno ad uno.
Liberarsi dell’olio di palma aumentando fatturato e qualità dei prodotti, garantendo così ai consumatori tutela della salute e sostenibilità ambientale e sociale. È questo il tema, e la sfida, che il M5S ha proposto con il Convegno “Olio di palma: criticità e alternative – Come uscire dalla filiera sporca”, che si è tenuto oggi presso l’Auletta dei Gruppi della Camera dei deputati.
La maggiore trasparenza nell’etichettatura e una maggiore precisione ha portato i cittadini ha scoprire l’utilizzo dell’Olio di palma, ha dichiarato Mirko Busto, parlamentare 5stelle. I cittadini hanno potuto scegliere e hanno scelto di non utilizzare l’olio di palma. Il fatto fondamentale è che le aziende hanno ascoltato i cittadini, il consumatore ha determinato la politica industriale di grandi multinazionali. Questo significa che il cittadino va a votare ogni volta che fa la spesa.
Nell’ultimo periodo sono emerse tante notizie discordanti, si è generato molta confusione che ha portato a fare anche acquisti più distratti. Vi è stata una campagna di desensibilizzazione che però non ha avuto effetto. Nonostante la maggiore attenzione sull’argomento, l’olio di palma ha visto una continua crescita, specialmente nel biocombustibile, questo a causa degli enormi interessi economici che muove. È un grasso che costa molto poco e che porta alla distruzione di un patrimonio dell’umanità come le foreste indonesiane, oltre allo sfruttamento del lavoro in quei territori. Dobbiamo tenere alta l’attenzione -ha concluso Busto- perché l’olio di palma contiene elementi cancerogeni molto superiori agli altri olii vegetali, non dobbiamo arrenderci alle campagne di desensibilizzazione.
L’olio di palma è il simbolo della coltura massiva a scopo industriale, queste le parole di Carlo Martelli dei 5Stelle durante la conferenza sulle criticità e alternative all’olio di palma. La perdita della bio e micro diversità è un rischio per tutto il pianeta, un danno irreparabile. Il cittadino allora è fondamentale, con le sue scelte può determinare le politiche industriali delle multinazionali, perciò è fondamentale continuare a fare informazione costante e mettere in luce i rischi dell’Olio di palma.
Durante la conferenza è intervenuto anche Dario Dongo, fondatore del Fatto Alimentare. Quello sull’olio di palma èun tema controverso a causa degli enormi interessi economici che girano, ma la nocività del prodotto è certa.
Ci troviamo di fronte alla globalizzazione dello sfruttamento, è una filiera che si basa su terre rapinate alla popolazione e che con questo tipo di monocoltura provoca danni irreversibili al suolo e la devastazione della biodiversità. Vi è inoltre un forte rischio di desertificazione, si sta devastando il polmone verde del sud est asiatico. Chiediamo per prima cosa che venga tolto l’olio di palma dalla filiera alimentare, ha concluso Dongo, poi si dovrà lavorare per eliminarlo anche nella filiera dei biocombustibili.
OLIO DI PALMA, M5S: ECCO QUANTO FATTO FINORA PER ‘USCIRE DALLA FILIERA SPORCA’
In merito all’olio di palma sono state avviate varie iniziative politiche volte a chiedere al Governo di fare chiarezza sull’argomento, incentivare un’adeguata informazione in merito e facilitare un processo di riconversione delle filiere produttive affinché approdino al più presto all’obiettivo “senza olio di palma”.
- Proposta di legge 1-00423 del 3 giugno 2015, a prima firma del senatore Carlo Martelli, con cui il M5S propone: il divieto dell’utilizzo dell’olio di palma nei prodotti alimentari e come carburante puro o diluito per qualunque veicolo; introdurre, nel più breve tempo possibile, il divieto della vendita su tutto territorio nazionale e dell’importazione di prodotti contenenti oli tropicali (di palma o palmisto o cocco) a fini alimentari e cosmetici; promuovere la sostituzione dell’olio di palma con oli che non siano nocivi per la salute umana e per l’ambiente e che incentivino le economie nazionali e i settori agricoli interessati (olio di semi di girasole, olio d’oliva, e altro); la ratifica della convenzione sui popoli indigeni e tribali dell’Organizzazione internazionale del lavoro (convenzione ILO 169); attivarsi, nelle sedi comunitarie, per una moratoria immediata degli incentivi agli agro combustibili e all’agro energia prodotta da mono-colture estensive di palma da olio, nonché per le importazioni di olio di palma.
Link del documento:
http://aic.camera.it/aic/scheda.html?core=aic&numero=1/00423&ramo=SENATO&leg=17&testo=1%20004231-01396 - Mozione 1-01396 del 2 novembre 2016, a prima firma del deputato Mirko Busto, per il divieto dell’uso dell’olio di palma nei prodotti per neonati, in particolare i latte in polvere
Link del documento:
http://aic.camera.it/aic/scheda.html?core=aic&numero=1/01396&ramo=CAMERA&leg=17&testo=1%2001396
- Proposta di legge N. 2904 del 24 febbraio 2015, a prima firma della deputata 5stelle, Chiara Gagnarli, contro l’obesità infantile. In particolare il testo prevede che mense scolastiche, bar e distributori automatici della scuola primaria e secondaria rispondano agli standard nutrizionali dell’Organizzazione Mondiale della Sanità e dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura, sostituendo il ‘cibo spazzatura’ o ad alto contenuto di grassi e zucchero con alimenti che abbiano come ingrediente principale cereali integrali, frutta e verdura, e che sia garantita la trasparenza in etichetta e nei menù e corsi di educazione alimentare per studenti ed insegnanti.
Link del documento:
http://www.camera.it/leg17/995?sezione=documenti&tipoDoc=lavori_testo_pdl&idLegislatura=17&codice=17PDL0034180&back_to=http://www.camera.it/leg17/126?tab=2-e-leg=17-e-idDocumento=2904-e-sede=-e-tipo=
- Interrogazione 5-05683 del 3 giugno 2015 al Ministero della Salute e al Ministero delle Politiche Agricole, a prima firma della deputata, Chiara Gagnarli, sulla pubblicità a favore dell’olio di palma e un’informazione corretta per una sana alimentazione.
Link documento: http://aic.camera.it/aic/scheda.html?core=aic&numero=5/05683&ramo=CAMERA&leg=17&gruppoPartecipanti=5&gruppo=5&testo=5%2005683 - Interrogazione 4-04275 del 14 luglio 2015 al Ministero della Salute, a prima firma della senatrice, Daniela Donno, sulla pubblicità a favore dell’olio di palma e un’informazione corretta per una sana alimentazione.
Link documento: http://aic.camera.it/aic/scheda.html?core=aic&numero=4/04275&ramo=SENATO&leg=17&testo=4%2004275
- Interrogazione 4-13332 del 26 maggio 2016 al Ministero della Salute, a prima firma del deputato Mirko Busto, sui danni alla salute denunciati dall’EFSA, l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare, in considerazione della presenza nell’olio di palma raffinato di sostanze genetossiche e cancerogene, tali da richiedere una necessaria valutazione scientifica dell’olio di palma.
Link del documento: http://aic.camera.it/aic/scheda.html?core=aic&numero=4/13332&ramo=CAMERA&leg=17&testo=4%2013332
- Risoluzione 7-00537 del 6 marzo 2015, in commissione Agricoltura e Affari Sociali, a prima firma del deputato Matteo Mantero, volta a prevedere l’esclusione dagli appalti delle mense pubbliche di istituti scolastici, ospedali e aziende pubbliche, nonché dei distributori automatici in essi collocati, di ditte fornitrici di prodotti a base di olio di palma e a sensibilizzare le ditte stesse ad escludere l’olio di palma dai propri prodotti.
Link del documento:
http://aic.camera.it/aic/scheda.html?core=aic&numero=7/00537&ramo=CAMERA&leg=17&parlamentare=DI&eurovoc_descrizione=olio&testo=7%206%20olio%20palma - Due esposti per pubblicità ingannevole per chiedere prima ad AIDEPI e poi a Ferrero di ritirare la pubblicità sull’olio di palma.
OLIO DI PALMA, DONGO, GIFT: EMBLEMA DELLA GLOBALIZZAZIONE DELLO SFRUTTAMENTO
Ho iniziato a occuparmi di olio di palma nel 2010, poiché già a quei tempi l’estensione delle coltivazioni di palma rappresentava – come tuttora rappresenta – una causa primaria di ‘land grabbing‘, la rapina delle terre, vale a dire l’espropriazione di vaste aree di territorio alle popolazioni che le hanno abitate e utilizzate per generazioni, senza raccogliere il loro consenso né reintegrarle nei loro diritti. Questo l’intervento nel corso del convegno M5S sull’olio di palma di Dario Dongo, avvocato e giornalista, fondatore dei progetti GIFT (Greatitalianfoodtrade.it) e FARE (Food & Agriculture Requirements). La rapina delle terre viene spesso realizzata con gravi atti di violenza, oltreché con incendi e devastazioni. E ha tuttora luogo in Sud-Est asiatico, Africa centrale e America Latina (Fonti Grain – Farmlandgrab.org, Land Matrix).
È poi emerso il problema dello sfruttamento dei lavoratori e del lavoro minorile nelle coltivazioni di palma. Il recente rapporto di Amnesty International rivela condizioni di lavoro in palese violazione della Dichiarazione ILO, oltreché della convenzione ONU per i diritti dell’infanzia. Con l’aggravante dell’impiego di pesticidi neurotossici come il paraquat, il cui utilizzo è vietato nei Paesi utilizzatori del palma, dall’Europa agli USA.
Si aggiunge il tema della distruzione irreversibile di ambiente e biodiversità nelle foreste vergini tropicali. Le deforestazioni di cui il palma è causa primaria a tutt’oggi rappresentano la prima causa di emissioni di CO2 nel Sud-Est asiatico. E laddove le foreste vergini cedono il passo a monocolture soggette a trattamenti intensivi con agrotossici, allo sterminio delle specie animali e vegetali autoctone segue la sterilizzazione dei suoli, a sua volta causa di desertificazione.
Il palma rappresenta perciò l’emblema della globalizzazione dello sfruttamento, in nome della disponibilità di una materia prima agricola a basso costo. A servizio delle industrie alimentare, cosmetica e del ‘personal care’, oltreché dei c.d. ‘biofuels’. In barba ai proclama di ‘Corporate Social Responsibility’ che in questo ambito si risolvono in pseudo-certificazioni auto-referenziali e prive di concreti riscontri in termini di tracciabilità e bilanci di masse (come FSC, ndr).
A inizio 2014 ho predisposto una petizione volta a escludere il palma dagli alimenti, proponendola a varie associazioni di consumatori, ma a quel tempo nessuno comprendeva la gravità del fenomeno. Sono solo riuscito a convincere l’amico fondatore del Fatto Alimentare, e così abbiamo lanciato la petizione a nome delle due testate, GIFT e FA. Poco prima dell’applicazione del regolamento UE 1169/2011 – che ha introdotto l’obbligo di precisare la natura dei grassi in etichetta – e dell’avvio di Expo MI 2015.
In pochi mesi la petizione ha riscosso un successo superiore a ogni aspettativa, 176 mila firme. Alle gravi questioni socio-ambientali si sono aggiunte varie considerazioni di ordine salutistico. Poiché il palma – il grasso più utilizzato nella trasformazione di alimenti, per via del basso costo e della facilità d’impiego – è onnipresente ma ‘saturo di grassi saturi’. Grassi non necessari – altri oli vegetali ne sono privi – che si aggiungono a quelli apportati da cibi il cui consumo è invece raccomandato, in ragione di ulteriori virtù (es. latticini, carni, frutta secca).
Il 3 maggio 2016, la svolta. Allorché EFSA, l’Autorità europea per la Sicurezza Alimentare, ha pubblicato un’opinione scientifica allarmante, evidenziando la presenza di contaminanti di processo genotossici e cancerogeni (GE, 2 e 3-MCPD) che l’olio di palma contiene in misura fino a 10 volte superiore rispetto ad altri oli vegetali raffinati. È emerso un grave rischio per la sanità pubblica, per i bambini e i minori soprattutto, che la Commissione europea e le autorità sanitarie degli Stati membri hanno dolosamente omesso di gestire, come invece prescritto dal ‘General Food Law’ (Reg. CE 178/02).
Abbiamo assistito a una feroce controffensiva dei ‘palmocrati’, i colossi asiatici che producono e quelli internazionali che utilizzano questo grasso tropicale, i quali hanno investito milioni di euro in pubblicità per disinformare i cittadini. Proponendo la falsa immagine di un olio ‘buono’, come fosse la spremuta di un frutto fresco e ricco di vitamine. Sottacendo la rapina delle terre, le deforestazioni, il trattamento a 200°C.
Ma i consumAttori, grazie alle informazioni circolate sul web e i ‘social network’, non hanno creduto alla favola del palma buono e hanno reagito con lo strumento più efficace, la scelta di acquistare solo prodotti senza olio di palma. Costringendo di fatto la quasi totalità degli operatori a cambiare le ricette, optando per oli che hanno consentito una drastica riduzione di grassi saturi e così il diffuso miglioramento dei profili nutrizionali dei prodotti a scaffale.
Frattanto i pionieri – cioè le industrie e i gruppi della Grande Distribuzione Organizzata che per primi hanno saputo reagire a questo fenomeno – hanno consolidato la fiducia dei consumatori verso i loro marchi. Avviando un percorso destinato a crescere nella direzione della qualità totale, che comprende sia la sostenibilità dei prodotti (anche non alimentari), sia la sicurezza nutrizionale degli alimenti. Un percorso che già si manifesta con l’offerta di prodotti che derivano da filiere integrate sui territori, equi e ‘buoni per la salute’.
OLIO DI PALMA, NOVELLINO: DANNI IRREVERSIBILI A BIODIVERSITA
14/02/2017 at 18:26
Con la riduzione degli spazi disponibili nel Sudest Asiatico, l’industria della Palma da Olio sta aprendo nuove frontiere in Africa ed America Latina, e ha causato già danni irreversibili a foreste ad alta biodiversità, utilizzate da tempi immemorabili dalle comunità indigene. Secondo il Forum Permanente sulle Questioni Indigene delle Nazioni Unite, 60 milioni di indigeni nel mondo corrono il rischio di perdere le loro terre e i mezzi di sussistenza a causa dell’espansione delle piantagioni per la produzione di agro energia. Così Dario Novellino, antropologo, ricercatore presso l’Università di Kent, direttore esecutivo di CALG, coalizione contro il furto delle terre, nel corso del convegno M5S sull’olio di palma.
Di questi, 5 milioni si trovano nel Borneo (Indonesia). Le conseguenze negative delle monocolture di palma da olio sono una realtà non solo in Indonesia, e Malesia, ma anche nelle Filippine, Cambogia, Tailandia, Papua Nuova Guinea, Colombia, Ecuador, Perù, Brasile, Guatemala, Messico, Nicaragua e Costa Rica, Camerun, Uganda, Liberia e Costa d’Avorio. In tutte queste regioni le grandi piantagioni di palma hanno violato il diritto delle comunità locali alla sovranità alimentare, in quanto privano le popolazioni del loro diritto a produrre i loro alimenti in accordo con i loro territori e la loro cultura.
In molti paesi, in particolare in Africa, la mancanza di riconoscimento da parte dello Stato dei diritti territoriali, così come del diritto all’utilizzo delle foreste e di altre risorse da parte delle popolazioni indigene, sta accelerando l’espansione delle monoculture della palma da olio su vasta scala. Molte compagnie della palma da olio direttamente coinvolte in vasti progetti di espansione, cercano di acquisire le certificazioni della RSPO (Round Table on Sustainable Palm Oil) per poter portare gli oli di palma, i loro derivati e prodotti nei mercati internazionali. Nonostante la RSPO dichiari di attenersi rigorosamente a principi di tutela dell’ambiente e dei diritti delle comunità (es. Consenso Libero Previo e Informato), molte organizzazioni sociali e ambientali la denunciano aspramente per aver legittimato interessi lesivi ai diritti delle popolazioni locali.
Infatti, varie imprese, membri della RSPO, continuano a distruggere grandi zone di foresta umida e a violare i diritti umani dei loro abitanti, come nel caso della Wilmar International nell’isola di Bugala (Uganda) e in Indonesia, PT SMART, Agro Group e IOI Group in Indonesia, FEDERPALMA in Colombia, o Unilever in Indonesia, Malesia e Costa d’Avorio, etc.
Non meno preoccupante sono gli effetti paralleli di cui l’industria della palma da olio è ritenuta responsabile: lo sfruttamento indiscriminato dei lavoratori all’interno delle piantagioni, la migrazione dalla campagna alla città, la povertà, i conflitti sociali, e repressione violenta di chi si oppone all’espansione delle monoculture, talvolta perpetrata anche attraverso la tortura ed esecuzioni sommarie. E’ necessario, pertanto, risolvere, nel più breve tempo possibile, tutti i conflitti esistenti legati alle terre vincolate a piantagioni di palma, questo implica la restituzione programmata dei territori ancestrali alle comunità locali e la riabilitazione delle foreste e torbiere danneggiate durante il processo di conversione in monoculture.
OLIO DI PALMA, TERRA ONLUS: AUMENTARE CONTROLLO PUBBLICO
14/02/2017 at 18:29
“L’importanza della trasparenza nella filiera agroalimentare è ormai un tema di primo piano nell’agenda politica nazionale. In un mondo globalizzato, la cui complessità è notevolmente aumentata negli ultimi anni, l’opinione pubblica chiede con insistenza la messa a disposizione di strumenti interpretativi affidabili su cui basare le scelte di consumo”. Così Fabio Ciconte, direttore di ‘Terra! Onlus’ e portavoce della campagna ‘Filiera sporca’ nel corso del convegno M5S sull’olio di palma.
“Lo dimostrano – prosegue Ciconte, le sorprendenti adesioni ottenute da numerose campagne di sensibilizzazione sulla salubrità e l’eticità dei prodotti alimentari. L’urgenza di aumentare il controllo pubblico sulle catene di produzione e commercializzazione del cibo, dunque, diventa una leva fondamentale per tentare di riequilibrare i rapporti di forza all’interno delle filiere, limitando le pratiche sleali e meno rispettose dei diritti e dell’ambiente”.
OLIO DI PALMA, AMNESTY INTERNATIONAL: OTTENUTO ATTRAVERSO GRAVI VIOLAZIONI DIRITTI UMANI
14/02/2017 at 18:32
I principali marchi mondiali di cibo e prodotti domestici stanno vendendo alimenti, cosmetici e altri beni di uso quotidiano contenenti olio di palma, ottenuto attraverso gravi violazioni dei diritti umani in Indonesia, dove bambini anche di soli otto anni lavorano in condizioni pericolose. Lo ha denunciato Amnesty International, in un rapporto intitolato “Il grande scandalo dell’olio di palma: violazioni dei diritti umani dietro i marchi più noti”. Il rapporto è il risultato di un’indagine sulle piantagioni dell’Indonesia appartenenti al più grande coltivatore mondiale di palme da olio, il gigante dell’agro-business Wilmar, che ha sede a Singapore, fornitore di nove aziende mondiali.
Le testimonianze raccolte permettono di denunciare diverse violazioni dei diritti umani: alcune donne sarebbero costrette a lavorare per molte ore dietro la minaccia di una riduzione della paga, bambini anche di otto anni impiegati in attività pericolose, fisicamente logoranti e talvolta costretti ad abbandonare la scuola per aiutare i genitori nelle piantagioni; lavoratori gravemente intossicati dagli agenti chimici tossici utilizzati nelle piantagioni. Otto su nove di questi marchi fanno parte del Tavolo sull’olio di palma sostenibile (RSPO) e sui loro siti o sulle tabelle nutrizionali dichiarano di usare “olio di palma sostenibile”.
Le nove aziende non hanno smentito l’esistenza di violazioni ma non hanno fornito alcun esempio di azioni intraprese. Le imprese avrebbero il dovere di mettere in atto la due diligence nei confronti dei fornitori e, in generale, all’interno della catena di fornitura, per evitare di contribuire a un impatto negativo, o di favorire o incentivare, con le proprie attività, l’impatto negativo di un altro soggetto che ne faccia parte. Le imprese dovrebbero essere trasparenti e dichiarare cosa contengono i loro prodotti. Ma non sempre e non tutte lo fanno. E quando non lo fanno, beneficiano e in qualche modo contribuiscono alle violazioni dei lavoratori.
Dopo aver approfondito i dati e i risultati della ricerca di Amnesty International, riepilogheremo quali sono le responsabilità delle imprese nell’attuazione della cosiddetta Human Rights Due Diligence (processi di dovuta diligenza in materia di diritti umani) e quali quelle degli Stati. Amnesty International da oltre 10 anni è impegnata in un programma di ricerca e sensibilizzazione sul tema dell’impatto delle attività delle imprese sui diritti umani. L’Organizzazione ha lavorato e continua a lavorare per la modifica e il rafforzamento delle norme che impongono alle aziende di rispettare i diritti umani.
OLIO DI PALMA, BUSTO, M5S: UNA VOLTA INFORMATI, I CITTADINI HANNO SCELTO
14/02/2017 at 18:39
“Una volta informati i cittadini hanno scelto di escluderlo. Scendono le vendite, calano i fatturati e molte aziende, forse quelle più legate ai mercati di paesi come il nostro dove questa attenzione è presente, hanno scelto di ascoltare i consumatori. Così Mirko Busto, deputato del M5S in Commissione Ambiente, nel corso del convegno M5S sull’olio di palma. Una piccola scelta individuale può avere grandi effetti.
Certo, non sono mancati i tentativi di modificare la percezione dei consumatori: la campagna olio di palma sostenibile, cui abbiamo risposto con un lavoro di controinformazione e di recente la forte campagna mediatica per riabilitarlo.
Non è bastato però. Non si può cancellare con concetti astratti e con gli spot. Le immagini terribili e strazianti delle foreste che bruciano, milioni di ettari di foresta rasi al suolo e bruciati per lasciare spazio alle piantagioni il fumo nero che invade le città soffocandole, causando, come denunciato dallo studio dell’università di harvard, 100000 morti premature per la qualità dell’aria nella sola Indonesia.
Animali spinti sul baratro dell’estinzione, oranghi, elefanti, tigri…. intere popolazioni indigene, rurali, culture e conoscenze millenarie, costrette a migrazioni di massa, uomini, donne, bambini – anche di soli otto anni – privati dei mezzi di sussistenza e costretti allo sfruttamento, come ha denunciato il rapporto di Amnesty International, oppure ammassate ai margini delle città, senza un futuro certo, senza più le terre di cui vivevano, ad alimentare tensioni sociali e i flussi migratori. Questo è quanto è successo e sta succedendo in questo preciso istante. E per cosa? per spendere meno. perché di questo si tratta… utilizzare l’olio di palma è solamente una questione di costi. lo dimostra l’inchiesta di reuters, lo dimostrano le testimonianze di chi ha deciso di rinunciarvi… Sono molto contento di avere a questo tavolo aziende italiane che hanno deciso di intraprendere questa strada… è una scelta di responsabilità nei confronti dei consumatori e del nostro pianeta.
Nove i limiti planetari indicati dal ricercatore svedese johan rockstrom, parametri di soglia del nostro pianeta da non superare per evitare di ritrovarci in una terra non più abitabile nel modo che abbiamo conosciuto, o forse non più abitabile e basta.
Di questi nove, 4 li abbiamo già superati: il cambiamento climatico, l’impoverimento drammatico della diversità biologica -biodiversità, la deforestazione, la perturbazione dei cicli di N e P.
Abbiamo cancellato il 50% della biodiversità del pianeta in 40 anni, assistiamo alla 6° estinzione di massa planetaria, il cambiamento climatico cambierà le nostre vite, e non sarà in meglio.
L’olio di palma non è chiaramente il solo responsabile di tutto questo.
Abbiamo messo in piedi una macchina perversa, un sistema economico, produttivo che mostra ormai con evidenza di attaccare alle radici la possibilità di futuro nostre e dei nostri figli.
L’olio di palma è un caso esemplare. E, non dobbiamo dimenticarlo, è attualmente uno dei fattori più importanti che contribuiscono alla distruzione di ecosistemi fondamentali per la nostra sopravvivenza.
Basti pensare che nel 2015 l’Indonesia, un paese privo di grandi infrastrutture industriali, devastata dagli incendi, ha superato le emissioni di gas a effetto serra di un gigante inquinatore come gli Stati Uniti.
Ma il nostro appetito di questo grasso va oltre merendine, biscotti, gelati, latte in formula per neonati e tutti gli altri migliaia di prodotti alimentari che lo contengono.
Mentre i cittadini italiani sono ora ben consci della presenza di olio di palma nel cibo e nei cosmetici. Ma quasi nessuno sa che oggi il consumo maggiore si sta spostando nei combustibili.
Il 46% di tutto l’olio di palma usato in Europa finisce nei serbatoi delle nostre macchine, camion e furgoni o per produrre energia impropriamente etichettata, e sovvenzionata, come ‘verde’
l’Italia è il secondo produttore di biodiesel di olio di palma in tutta Europa.
95% di tutto il biodiesel che si produce in Italia si fa con olio di palma. Eni e il principali produttore in Italia.
Il 59% di tutto il biodiesel che si consuma in Italia è biodiesel ottenuto da olio di palma.
il biodiesel ottenuto dall’olio di palma è tre volte peggiore per il clima del diesel fossile.con un incremento dell’80% delle emissioni rispetto al diesel fossile che rimpiazzerà entro il 2020. La rincorsa all’olio di palma sta coinvolgendo sempre nuovi paesi. dopo Indonesia e Malesia, ora le nuove frontiere dell’industria dell’olio di palma si stanno spostando in sud america, colombia, equador, perù e poi verso la nuova mecca dell’accaparramento delle terre, del land grabbing, l’africa.
Paesi dove ha resistito o resisteva gli ultimi baluardi delle grandi foreste tropicali del nostro pianeta, polmoni verdi, ricchezza ecologica, garanzia di vita, di sopravvivenza per noi e soprattutto per le nostre generazioni.
E dove le popolazioni locali e indigene stanno soccombendo sotto i colpi della corruzione e della cessione delle loro terre e delle loro risorse alle multinazionali occidentali.
Persone come Flaviano, Dario, Elisa, che ho avuto il piacere di conoscere di persona e che sono venute qui a raccontare le loro esperienze sul campo, sono la testimonianza più concreta e la spinta più forte nell’andare avanti in questa battaglia. Loro vivono quotidianamente il dramma che si sta consumando in questi luoghi, lontani dalle telecamere…
E sottolinei che insisti su questa tematica sia per motivi politici/economici – volendo incentivare un mercato che fa del made in italy “buono” quello che tutela la terra, rispetta le persone e valorizza i nostri prodotti – sia per motivi personali. Perché dopo che si conoscono i fatti non ci si può girare dall’altra parte. e questo lo devono fare anche i cittadini, le aziende, i consumatori… smettere di pensare che non sia affar loro.
OLIO DI PALMA, ‘FRONTIERA INVISIBILE’, VIDEO SUI BIOCOMBUSTIBILI
14/02/2017 at 18:42
Il documentario– ‘Frontera invisible’ è la storia di intere comunità intrappolate nel mezzo della guerra più lunga del mondo, dove la ‘febbre dell’olio di palma’ finalizzata alla produzione di combustibile ‘verde’ ha soppiantato contadini e indigeni, raso al suolo gli habitat naturali e concentrato la terra nelle mani dei ‘ricchi’.
Nico Muzi, coproduttore: L’intervento – I conducenti sono i principali consumatori di olio di palma in Europa. Si mi avete capito bene: il 46% di tutto l’olio di palma usato in Europa nel 2015 lo è stato per le macchine diesel in forma di biodiesel. L’Italia è il principale produttore di biodiesel di olio di palma. Il 95% di tutto il biodiesel prodotto in Italia nel 2015 è stato fatto con olio di palma.
Nico Muzi (Argentina, 1980) è direttore di comunicazione di Transport & Environment, la ONG leader in Europa nella battaglia per trasporti e combustibili più puliti. Narratore instancabile, Muzu è scrittore e realizzatore audio-visivo, anche se ‘Frontera Invisible’ è la sua prima incursione nel mondo del documentarismo. Si è dedicato alla comunicazione sui bio-combustibili dal 2010 mentre era consulente del marchio internazionale Weber Shandwick. Dopo essersi unito a Transport & Environment, Muzi si è concentrato sulla diffusione degli impatti sociali e ambientali dei bio-carburanti. Mentre investigava sul tema, sviluppò l’idea delle nuove frontiere dei bio-carburanti, approfondendo alcuni casi ben documentati di deforestazione e drenaggio della torba in Malesia e Indonesia. Questo è stato il primo passo con cui Transport & Environment è approdata in Colombia. Tra le altre frontiere che Muzi vorrebbe esplorare, Perù, Congo, Liberia, Camerun e Papa Guinea.
OLIO DI PALMA, ISTITUTO SUPERIORE SANITA: LAVORARE PER RIDURRE IL RISCHIO
14/02/2017 at 18:45
Nel 2016 l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA) ha pubblicato un parere su contaminanti da processo a base di glicerolo presenti nell’olio di palma, ma anche in altri oli vegetali, nelle margarine e in alcuni prodotti alimentari trasformati. Tali sostanze si formano durante le lavorazioni alimentari, in particolare quando gli oli vegetali vengono raffinati ad alte temperature (al di sopra dei 200° C). In estrema sintesi i glicidil esteri (GE) degli acidi grassi sono identificati come mutageni e cancerogeni: considerando i livelli presenti negli alimenti, costituiscono un potenziale problema sanitario, soprattutto per i bambini. Così Alberto Mantovani, Istituto Superiore di Sanità, nel corso del convegno M5S sull’olio di palma.
Fortunatamente i livelli di GE negli oli e grassi di palma si sono dimezzati tra il 2010 e il 2015, grazie a misure adottate volontariamente dai produttori; occorre continuare su questa strada per ridurre ulteriormente il rischio.
Un altro contaminante principale, 3-monocloropropandiolo (3-MCPD) non è direttamente cancerogeno, al contrario dei GE, ma ha una forte tossicità per il rene ed il testicolo; per un altro composto simile (2-MCP) i dati sono insufficienti per una valutazione. Considerati i livelli negli alimenti, l’assunzione rappresenta un possibile problema sanitario per bambini e adolescenti; inoltre, contrariamente ai GE, I livelli di 3-MCPD negli oli vegetali sono rimasti sostanzialmente invariati negli ultimi cinque anni.
I dati europei mostrano che i livelli più elevati di GE, 3-MCPD e 2-MCPD sono stati riscontrati in oli di palma e grassi di palma, seguiti da altri oli e grassi. Per i consumatori a partire dai tre anni di età, margarine, dolci e torte’ sono le principali fonti di esposizione a queste sostanze.
Seguendo le valutazioni dell’EFSA, occorre maggiore attenzione verso i contaminanti di processo (tra cui vanno aggiunti almeno l’acrilamide e gli IPA, tutti composti cancerogeni e tossici per la riproduzione): modificazioni tecnologiche (ingredienti, temperature, etc.) ed una sistematica sorveglianza sui punti critici della produzione possono portare ad un sostanziale miglioramento della sicurezza dei prodotti.
OLIO DI PALMA, ISTITUTO SUPERIORE SANITA: RICONVERTIRE FILIERE PRODUTTIVE
14/02/2017 at 18:49
“Riconvertire le filiere produttive sostituendo l’olio di palma con altri olii vegetali (semi, girasole, d’oliva ecc.), più sostenibili per salute, ambiente e diritti umani , è un progetto reale, già al centro di una proposta di legge e diversi atti parlamentari del M5S, che oggi riceve un nuovo impulso proprio dalle imprese ‘palm free’, che ci dimostrano come trovare un’alternativa all’olio tropicale non solo è possibile ma conviene, al proprio fatturato e ai consumatori”. Lo affermano i parlamentari 5stelle in occasione del Convegno M5S ‘Olio di palma: Criticità e alternative – Come uscire dalla filiera sporca’, alla Camera.
“Le testimonianze di Coop Italia, Alce Nero e Di Leo, tra i relatori del convegno, ci danno prova che, sulla spinta delle richieste dei consumatori sensibilizzati, è possibile creare filiere virtuose e allo stesso tempo proficue. Basti pensare al caso della Di Leo che, nonostante abbia eliminato l’olio di palma in un anno, dal 2015 al 2016, ha comunque registrato una crescita del fatturato, passando dai 10,5 milioni del 2010 ai 18 del 2016”.
“Una scelta che oggi viene ‘certificata’ anche da una voce autorevole come Alberto Mantovani, dirigente dell’Istituto Superiore di Sanità ed esperto dell’Efsa, l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare, che ha sottolineato che i livelli di glicidil esteri (GE) negli oli e grassi di palma (sostanze nocive identificate come mutagene e cancerogene) ‘si sono dimezzati tra il 2010 e il 2015, proprio grazie a misure adottate volontariamente dai produttori e che occorre continuare su questa strada per ridurre ulteriormente il rischio per la salute, visto che l’eccesso di consumo di olio di palma resta comunque un rischio sanitario”, spiega il deputato 5stelle Mirko Busto.
“Tra le altre criticità legate all’olio di palma, ci sono la deforestazione e la violazione dei diritti umani, come denunciato nel recente report di Amnesty International secondo il quale in Indonesia bambini tra gli otto e i 14 anni lavorano in condizioni pericolose, trasportando sacchi di frutti che pesano da 12 a 25 chili. “Come ci ricorda inoltre il documentario ‘Frontera invisible’, proiettato oggi in anteprima nazionale, l’Italia con il 95% nel 2015 è inoltre il principale produttore di biodiesel tratto dall’olio di palma. Un business che sta spazzando via interi habitat naturali e popolazioni indigene e che va fermato al più presto”.
OLIO DI PALMA, I PRODUTTORI: SOSTENIBILITA’ AMBIENTALE E ATTENZIONE ALLA SALUTE. ECCO COME E PERCHE
A margine del convegno dal titolo “Olio di palma: criticità e alternative – Come uscire dalla filiera sporca” organizzato dal Movimento 5 Stelle, l’Unione Italiana per l’Olio di Palma Sostenibile (organizzazione che raccoglie aziende che utilizzano o forniscono olio di palma) ci tiene a ribadire che: “L’olio di Palma è tra gli oli vegetali più sostenibili in assoluto, soprattutto in termini di resa per ettaro. Chi lo accusa di contribuire alla deforestazione, dimentica che, se prodotto in modo sostenibile, aiuta a rispettare la natura. Proprio per questo motivo, tutte le aziende che aderiscono all’Unione Italiana per l’Olio di Palma Sostenibile acquistano olio di palma 100% certificato RSPO (Rountable On Sustainable Palm Oil) e puntano, entro il 2020, ad adottare criteri sempre più stringenti. Questa deve essere l’unica via percorribile”, afferma Giuseppe Allocca, Presidente dell’Unione Italiana per l’Olio di Palma Sostenibile.
“Anche sul fronte della salute, diciamo basta alla demonizzazione: quanti sostengono la cancerogenicità di questo ingrediente o quanti accusano l’olio di palma di essere la principale fonte di intake di grassi saturi dovranno ricredersi una volta per tutte di fronte ai recenti dati scientifici, come dimostra il parere di OMS e FAO che hanno visto al rialzo i livelli massimi suggeriti di contaminanti da processo che possono essere assunti giornalmente dall’uomo, spingendo l’EFSA a rivedere le sue posizioni. Si tratta di concetti che noi ribadiamo già da tempo visto che l’olio di palma può far parte a pieno titolo della nostra alimentazione. Inoltre vorrei precisare che nel nostro Paese i prodotti alimentari che contengono olio di palma sono a norma, rispettano le leggi – anche dal punto di vista della sicurezza alimentare – e sono continuamente controllati dalle autorità nazionali ed europee, senza che nessuna contestazione sia stata assunta nei loro confronti. Neppure a livello precauzionale. Pertanto sono da ritenersi sicuri” conclude Giuseppe Allocca.
L’IMPATTO DELL’OLIO DI PALMA SULLA DEFORESTAZIONE PESA MENO DELLE PRINCIPALI COMMODITIES
Quando si parla di olio di palma, si fa riferimento anche all’impatto che la sua coltivazione ha sull’ambiente. Tuttavia, bisogna ricordare che l’olio di palma è, tra gli oli vegetali, il più sostenibile in assoluto (sia per l’uso di terreno che per richiesta di acqua, fertilizzanti e pesticidi). Questo significa che, in un mondo povero di terre, l’olio di palma è prodotto con la minor quantità possibile di superfice coltivabile rispetto agli altri oli vegetali. Inoltre, secondo un recente studio (Climate Focus 2016) sulle principali cause di deforestazione a livello mondiale, la palma da olio ha un impatto decisamente inferiore rispetto alle principali commodities agricole. Questi sono i motivi per cui il boicottaggio dell’olio di palma non può essere la via da percorrere: una posizione condivisa anche dalle grandi ONG internazionali come WWF e Greenpeace le quali sostengono che il boicottaggio non sia la soluzione, ma piuttosto chiedono ai consumatori di insistere con i propri marchi di riferimento per approvvigionarsi solo con prodotto sostenibile. L’utilizzo di olio di palma certificato sostenibile è, infatti, l’unico modo per intervenire concretamente in difesa dell’ambiente.
STUDI INTERNAZIONALI CONFERMANO: ASSUNZIONE CONTAMINANTI DA PROCESSO GIA’ SOTTO LIVELLO ALLERTA
A conferma di quanto detto, è di pochi giorni fa la notizia pubblicata dalla Reuters, secondo la quale l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA) starebbe riesaminando i risultati del suo parere scientifico sui possibili rischi per la salute dovuti alla presenza di contaminanti da processo negli oli vegetali e animali e, in particolare, la dose giornaliera tollerabile di sostanze potenzialmente nocive per l’uomo (il 3-MCPD, che può formarsi nella fase di raffinazione ad alte temperature di tutti gli oli vegetali e animali, quindi anche dell’olio di palma). Una decisione, questa, che arriva a seguito di un ulteriore parere rilasciato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità e dalla FAO che, di fatto, si contrappone a quanto inizialmente dichiarato dall’EFSA. Le evidenze più rilevanti, infatti, sono legate proprio al livello di assunzione tollerabile di contaminanti da processo.
L’OMS e la FAO indicano come livello di assunzione tollerabile senza problemi per l’uomo 4 µg/kg per peso corporeo per die rispetto allo 0,8 µg/kg per peso corporeo per die indicato dall’EFSA, innalzando, di fatto, le indicazioni precedenti. Va inoltre sottolineato che il parere OMS – FAO evidenzia che la popolazione (inclusi i grandi consumatori) non supererebbe la nuova soglia di sicurezza (maggiori informazioni qui: http://www.fao.org/3/a-bq821e.pdf pag.7), ribadendo che già oggi i livelli di assunzione dei contaminanti in esame sono sotto il livello di allerta[1] e che quindi non ci sono rischi per la salute dovuti all’utilizzo di olio di palma. Ne è la prova il fatto che al momento nessun Istituto o Ente o Organizzazione (mondiale o nazionale) ha mai ritenuto di eliminare l’olio di palma o affermato che questo ingrediente sia dannoso.
ACIDI GRASSI SATURI: L’80% DELL’INTAKE GIORNALIERO NON ARRIVA DALL’OLIO DI PALMA
Sul tema, di recente intervenuta nuovamente la comunità scientifica che ha realizzato e pubblicato sull’International Journal of Food Sciences and Nutrition un documento di Consenso dal titolo Palm oil and human health. Meeting report of NFI: Nutrition Foundation of Italy symposium dal quale si evince che gli effetti sulla salute legati al consumo di olio di palma dovrebbero essere considerati simili a quelli di altri oli o grassi ricchi di grassi saturi. Insomma, l’intake di acidi grassi saturi dovrebbe rimanere inferiore al 10% delle calorie assunte giornalmente: entro questi limiti, non esiste alcuna correlazione tra il consumo di olio di palma e possibili effetti sulla salute umana (e in particolare sul rischio cardiovascolare o di cancro). Volendo capire cosa significa questo nel nostro Paese, basta guardare ai dati di consumo più recenti che confermano che l’apporto di olio di palma rispetto al totale degli acidi grassi assunti nella dieta degli italiani è molto contenuto, meno del 20% del totale ovvero meno di 5g al giorno. Questo indica che il rimanente 80% dei grassi saturi che assumiamo viene da altri alimenti.
Circa la presunta cancerogenicità dell’olio di palma, tornata sull’argomento, pochi giorni fa, anche l’associazione consumeristica tedesca Stiftung Warrentest la quale, riprendendo le evidenze di un suo studio rilasciato nel 2016, afferma che la presenza di contaminanti negli oli vegetali raffinati dipende principalmente dalla qualità delle materie prime che vengono utilizzate e da come queste vengono trattate nel corso della raffinazione. Un esempio su tutti relativo a un’indagine svolta su 21 creme spalmabili in commercio dalla quale si evince che la presenza più bassa di contaminanti stata riscontrata in una crema con olio di palma. Insomma, un olio di palma ben lavorato e raffinato può contenere livelli inferiori di contaminanti da processo rispetto ad altri tipi di olio.
AGCM ARCHIVIA COME INFONDATE LE ACCUSE AI MESSAGGI DELL’UNIONE ITALIANA OLIO DI PALMA SOSTENIBILE
A confermare la correttezza dei messaggi veicolati dall’Unione Italiana per l’Olio di Palma Sostenibile –“non presenta rischi per la salute in una dieta bilanciata” e “la sua coltivazione sostenibile aiuta a rispettare la natura” – inoltre intervenuta anche l’Autorità Garante Concorrenza e Mercato (AGCM) dopo che alcuni Gruppi di opinione e della politica avevano chiesto di sanzionare e di vietare la diffusione della campagna pubblicitaria dell’Unione, poiché contenente messaggi falsi e ingannevoli. L’AGCM, dopo aver aperto un’istruttoria informativa e verificato le informazioni a disposizione, ha comunicato di aver archiviato come infondate le richieste avanzate e di non proseguire con ulteriori accertamenti.