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Cronaca

Internet, adulti e ragazzi sempre più social e connessi via smartphone

Save the Children: più di 8 su 10 non fanno nulla per proteggere la propria immagine online
fonte: ilVelino/AGV NEWS
di red/ala

Adulti e ragazzi italiani vivono una vita sempre più social, con una media di più di 5 profili a testa. Nel Lazio, sono sempre più connessi via smartphone (il 96% degli adulti e il 96% dei ragazzi ne possiede uno), ma sono quasi del tutto inconsapevoli delle conseguenze delle loro attività in rete: la metà dei ragazzi (53%) e un terzo degli adulti (30%) non sa che mentre naviga i suoi dati vengono registrati e spesso chi ne è consapevole non sa però esattamente quali, in buona parte se ne dicono preoccupati (l’83% degli adulti e il 66% dei ragazzi), ma hanno ormai interiorizzato l’idea che la loro cessione sia il giusto prezzo per essere presenti on line e accedere ai servizi che interessano loro (in Italia lo pensa circa il 90% di tutti coloro che consentono ad un’app l’accesso ai propri contatti). Questo lo scenario che emerge dalla ricerca inedita di IPSOS per Save the Children su “Il consenso in ambiente digitale: percezione e consapevolezza tra i teen e gli adulti”, diffusa oggi alla vigilia del Safer Internet Day, la giornata annuale per la promozione di un utilizzo sicuro e responsabile delle tecnologie digitali.

La ricerca rivela inoltre che vi è una scarsa cura della propria storia online sia per gli adulti che per i ragazzi, che non prevede una “manutenzione” costante dei propri profili e che sembra quasi esasperare l’importanza esclusiva dell’essere “presente qui e ora”: nel Lazio, più di 8 su 10 non compiono azioni efficaci per proteggere la propria immagine online, come cancellare post passati (solo il 19% dei ragazzi e il 12% degli adulti l’ha fatto almeno una volta), togliere il tag del proprio nome da una foto postata online (lo fa solo il 13% dei ragazzi e 12% degli adulti) o bloccare qualcuno su Facebook o Whatsapp (lo fa solo il 25% dei ragazzi e il 19% degli adulti). Il 75% degli adulti e il 79% dei ragazzi intervistati nel Lazio credono che non sia mai sicuro condividere online foto e video intimi e riservati. Per il 67% dei primi e il 70% dei secondi se un contenuto condiviso con qualcuno dilaga in rete, la responsabilità è di chi lo diffonde, il 61% e il 74% ritegono che la colpa sia di chi in seguito lo condivide in modo allargato e non autorizzato.

Ben l’83% degli adulti e il 72% dei ragazzi pensano che vi sia una sorta di “consenso implicito” alla diffusione, nel momento in cui qualcosa viene condiviso online anche se non con una sola persona. Nel Lazio, il 28% degli adulti e il 34% dei ragazzi (entrambi di 5 punti sopra la rispettiva media nazionale), invece, sono convinti che sia sempre sicuro condividere foto o video intimi on line perché “lo fanno tutti”, mentre il 44% degli adulti e il 53% dei ragazzi, benché consapevoli dei rischi, ritengono che a volte non si abbia nessuna scelta alternativa. Esiste inoltre un 38% di adulti e un 46% di ragazzi che pensano che la condivisione sia sicura se ristretta a utenti di cui ci si fida, anche se non ci si conosce di persona, o se ti fai promettere che i contenuti condivisi non saranno ulteriormente diffusi (24% degli adulti e 37% dei ragazzi).

I ragazzi intervistati raccontano però che tra i loro amici quasi 1 su 3 invia video o immagini intime di se stesso a coetanei e adulti conosciuti in rete (una percentuale più alta della media nazionale ferma al 22%), o attiva la webcam per ottenere regali. Quando si tratta di valutare l’attendibilità di una notizia, per più di tre quarti degli intervistati nella Regione Lazio (82% adulti e 77% ragazzi) la prudenza è d’uopo, per contro il 45% dei minori e il 40% degli adulti basano il proprio giudizio sulle condivisioni che quella notizia riceve. L’accesso a strumenti che consentono di fare acquisti online – come il sistema Paypal e le carte prepagate – alimentano un vivace traffico di acquisti in rete, ma espongono anche i ragazzi all’opportunità di utilizzare la rete per scommettere, accedere a giochi online, come poker e casino, e ad altri siti riservati ad adulti (lo fa 1 ragazzo laziale su 10).

“I risultati che emergono dalla ricerca dimostrano come, sia a livello nazionale che nel Lazio, adulti e ragazzi condividono le stesse conoscenze, gli stessi livelli di consapevolezza delle conseguenze dei loro comportamenti in rete e spesso anche i comportamenti stessi. Si tratta di un dato preoccupante se pensiamo che proprio gli adulti dovrebbero esercitare un ruolo di guida in un contesto complesso e in continua evoluzione, come quello del mondo e delle tecnologie digitali”, spiega Raffaela Milano, Direttore dei Programmi Italia-Europa di Save the Children. Esercitare il consenso in internet: è possibile? I dati . La ricerca IPSOS per Save the Children ha voluto esplorare il consenso in internet, inteso come la possibilità di esercitare una scelta libera e consapevole delle sue implicazioni. Ma è davvero possibile esercitarlo, a fronte, ad esempio, di una scarsa conoscenza, da parte sia dei ragazzi che degli adulti, della natura dei dati raccolti online e di come questi vengano realmente utilizzati? Più di 3 su 4 tra gli intervistati nel Lazio (sia adulti che minori), dicono di sapere che quando navigano sui siti web, questi registrano il passaggio digitale e 2 ragazzi su 3 e 8 adulti su 10 dichiarano di preoccuparsi molto o abbastanza di come vengono usati i propri dati personali. Entrambi i gruppi di riferimento in Regione non hanno però una chiara conoscenza di quali dati vengano effettivamente raccolti e non si preoccupano troppo, anche per non perdere tempo, di leggere termini e condizioni d’uso dei servizi on line.

Un adulto e 1 ragazzo su 5 credono che ad essere registrati in rete siano solo i dati rilasciati volontariamente, il 55% degli adulti e il 46% dei minori l’indirizzo IP, 3 adulti su 10 e 1 ragazzo su 5 i like che si mettono ai post, il 12 % degli adulti (contro il 2% dei ragazzi) quello che si dice o si fa nelle vicinanze di un oggetto collegato ad Internet (ad esempio Smart -TV, Smart- toys, ecc), tutte opzioni che non corrispondono alla realtà. Due ragazzi e 1 adulto su 10 sono convinti, inoltre, che i termini e le condizioni d’uso non siano altro che le regole che un gestore di un sito o di un social deve rispettare per tenere segreti i propri dati. I comportamenti in rete di adulti e ragazzi non sono conformi, tuttavia, alle preoccupazioni sull’uso dei dati personali. Dalla ricerca svolta sul campione laziale, emerge che pur di scaricare e utilizzare una app, metà degli adulti intervistati (48%) dichiara di accettare che il servizio possa accedere ai propri contatti, una percentuale di poco inferiore a quella dei minori (56%).

La quasi totalità degli adulti che accettano (87%) è inoltre convinta che dare in cambio l’accesso ai propri contatti sia il giusto prezzo da pagare per accedere a ciò che interessa, un dato che, anche se sale per i minori al 94%, dimostra come non vi sia alcuna differenza tra il comportamento tra i due gruppi di riferimento. Eppure gli intervistati in Regione dubitano della sicurezza della conservazione dei dati (il 40% degli adulti e il 37% dei ragazzi hanno dubbi sulla sicurezza, il 10% degli adulti e il 24% dei ragazzi non sanno chi li usa e il 27% degli adulti e il 28% dei ragazzi non sanno dove vengano conservati). Sono molto rari anche gli interventi per gestire e correggere la propria immagine digitale. L’81% dei minori e l’87% degli adulti del Lazio dichiarano che quasi mai cancella o modifica qualcosa postato in passato e 9 ragazzi e adulti su 10 quasi mai tolgono il tag del proprio nome da una foto postata online o cancellano commenti di altre persone.

I ragazzi laziali dimostrano comunque una certa prudenza nelle impostazioni della privacy su Facebook: il 66% restringe la visibilità dei post ai soli amici, in linea con la media nazionale. Probabili ma lontani da sé, nel Lazio, sono gli scenari associati ad un possibile uso strumentale dei dati raccolti, come ad esempio la possibilità di accedere ad un colloquio di lavoro. Un adulto su 10 pensa che non potrà capitare mai (perché o sarà vietato per legge o perché non è realistico) che una persona in cerca di lavoro non venga convocata al colloquio iniziale perché i dati disponibili su internet ne tracciano un profilo negativo (per esempio di persona poco seria o aggressiva). Per 2 adulti su 5 questo potrebbe capitare, ma non di certo a lui; di contro, 2/5 dei ragazzi pensa che si tratti di casi che riguardano solo gli adulti. “Di fronte a questi dati emerge con forza la necessità di un’azione educativa rivolta non solo ai ragazzi ma soprattutto agli adulti e, allo stesso tempo, l’importanza di muoversi per garantire una efficace attuazione in Italia – da parte delle istituzioni e delle aziende – della nuova regolamentazione europea sulla tutela e protezione dei dati personali, in particolare per quanto riguarda il consenso dei genitori all’utilizzo dei dati dei minori”, prosegue Raffaela Milano.

Intimità online. Anche quando si tratta della condivisione di materiale intimo e riservato online, la percezione di insicurezza tra adulti e ragazzi laziali è alta, a fronte, però, di forti contraddizioni nelle opinioni. Il 79% degli adulti e il 63% dei ragazzi intervistati credono che non sia mai sicuro condividere online foto e video intimi e riservati, e la responsabilità è equamente distribuita tra chi ha diffuso (lo pensa il 67% degli adulti e il 70% dei ragazzi) e chi in seguito ha condiviso in modo allargato e non autorizzato un contenuto (per il 61% degli adulti e il 74% dei ragazzi). Il 28% degli adulti e il 34% dei ragazzi, invece, sono convinti che sia sempre sicuro condividere foto o video intimi on line perché “lo fanno tutti”, mentre il 44% degli adulti e il 53% dei ragazzi, benché consapevoli dei rischi, ritengono che a volte non si abbia nessuna scelta alternativa. Il 48% degli adulti e il 53% dei ragazzi ritengono sia sicuro se conoscono personalmente quelli con cui condividono, il 38% degli adulti e il 46% di ragazzi se la condivisione è ristretta a utenti di cui ci si fida, anche se non ci si conosce di persona, o se ti fai promettere che i contenuti condivisi non saranno ulteriormente diffusi (24% degli adulti e 37% dei ragazzi), il 44% degli adulti e il 54% dei ragazzi se non è possibile essere riconosciuti (“non si vede il volto”), mentre 1 ragazzo e 1 adulto su 3 non lo ritiene un comportamento pericoloso se l’altra persona condivide a sua volta qualcosa di intimo.

Affidabilità di una notizia E quando si tratta di valutare l’attendibilità di una notizia? Per i tre quarti del campione di adulti e ragazzi laziali la prudenza è d’obbligo: non si può mai sapere se è davvero attendibile per il 82% degli adulti e per il 77% dei ragazzi. Eppure se da un lato per ¾ dell’intero campione la fiducia nella fonte è di supporto, dall’altro la ricerca evidenzia che 1 ragazzo e 1 adulto su 3 considera affidabile una news semplicemente perché apprezza quella notizia; il 45% dei ragazzi e il 40% degli adulti basano l’attendibilità delle news on line sulle condivisioni che quella notizia riceve, il 31% dei ragazzi e il 42% degli adulti la ritengono affidabile se ha molti “like”, il 56% degli adulti e il 53% dei ragazzi se la notizia è corredata da immagini e video. Più della metà dei ragazzi e degli adulti la giudica invece attendibile se a sua volta la news viene considerata attendibile da persone di cui ci si fida, mentre per quasi 1 su 2 se la notizia si trova ai primi posti nell’indice di Google. Sempre più online e sempre più social Sia tra i bambini che tra gli adulti è in forte crescita l’uso dello smartphone, la cui molteplicità di funzioni ha ormai rimpiazzato cellulari tradizionali, video e fotocamere e lettori mp3.

Dalla ricerca in Lazio, emerge che quasi la totalità dei ragazzi e degli adulti intervistati (96%) ne possiede uno. Guardando a tutta l’Italia, i bambini ricevono il loro primo smartphone a 11 anni e mezzo (un anno in meno rispetto al 2015), il 94% degli adulti e l’87% dei ragazzi ha almeno un profilo social e in media hanno più di 5 profili ciascuno. Pur di essere presenti on line, i minori sono disposti anche a mentire sulla loro età: mediamente i ragazzi italiani si iscrivono a Facebook a 12 anni e mezzo (un anno in meno del 2015), dichiarando un’età superiore. L’accesso a strumenti che consentono di fare acquisti online – come il sistema Paypal e le carte prepagate – alimentano un vivace traffico di acquisti in rete, ma espongono anche i ragazzi all’opportunità di utilizzare la rete per giocare d’azzardo, scommettere e accedere a siti riservati agli adulti (lo fa 1 ragazzo su 10). La ricerca racconta inoltre che la condivisione di immagini e video di se stessi o degli altri, con riferimenti sessuali o in pose imbarazzanti, rappresenta purtroppo un’attività molto diffusa tra i ragazzi. I ragazzi laziali intervistati raccontano infatti che tra i loro amici quasi 1 su 3 invia video o immagini intime di se stesso a coetanei e adulti conosciuti in rete (una percentuale più alta della media nazionale ferma al 22%), o attiva la webcam per ottenere regali. Uno su 3, infine, invia o posta immagini intime di loro conoscenti, più di 1 su 3 invia o riceve messaggi con riferimenti espliciti al sesso, mentre più di 1 su 4 invia ad amici propri video o foto intime.