AGRICOLAE riporta nel link qui di seguito le interrogazioni, le interpellanze, gli ordini del giorno e le risoluzione che vengono quotidianamente presentati alla Camera e al Senato a tutela del made in Italy agroalimentare. Pesca, agricoltura e industria alimentare in primo piano per i deputati e i senatori che lavorano gomito a gomito o uno contro l’altro, per cambiare la vita di chi lavora di terra e di mare. Qui a seguire il testo integrale
INTERROGAZIONE D’ADDA, PD SENATO, SUI BUONI PASTO
Interrogazione a risposta scritta 4-06924
presentata da
mercoledì 1 febbraio 2017, seduta n.752
D’ADDA, ALBANO, CUOMO, PEZZOPANE, ORRU’, LUCHERINI, VACCARI – Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali – Premesso che:
i cosiddetti buoni pasto (BP) sono un titolo di pagamento dal valore predeterminato, che viene consegnato dall’azienda al lavoratore dipendente del settore pubblico e privato come servizio sostitutivo della mensa, per acquistare un pasto o dei prodotti alimentari, presso gli esercizi convenzionati con la società emettitrice;
con la loro crescente diffusione, si sono tuttavia prodotte delle dinamiche distorsive di mercato, che mettono in difficoltà i grandi accettatori, ristorazione e grande distribuzione organizzata (GDO), rispetto alla categoria dei grandi emettitori che, di fatto, operano in regime di oligopolio;
l’utilizzo dei buoni pasto riguarda oltre 2 milioni di lavoratori ed è un mercato che vale, secondo alcune stime, circa 3 miliardi di euro all’anno. I buoni pasto sono distribuiti a oltre il 40 per cento dei lavoratori, che in valori assoluti corrisponde a circa 2,5 milioni di dipendenti, di cui 1,6 milioni nel settore privato e 600.000 in quello pubblico. Le aziende e le pubbliche amministrazioni clienti delle società che emettono buoni pasto sono 80.000, e 120.000 è il numero degli esercizi convenzionati;
considerato che:
gran parte del mercato dei BP (85 per cento circa) è gestito da 6 grandi emettitori: Edenred, Qui! Ticket, Pellegrini, Day, Sodexo, CIR (Bluticket);
il mercato, dunque, si svolge attualmente in regime di oligopolio di emettitori che, di fatto, opera senza regole specifiche, diversamente da quanto avviene in altri Paesi, dove è stata correttamente considerata la rilevanza pubblico-sociale di tali titoli di pagamento;
i grandi emettitori non hanno interesse a gestire i piccoli esercenti, che per il loro limitato giro di affari rappresentano più un problema che un’opportunità. L’attenzione dei grandi emettitori è dunque concentrata esclusivamente su pochi grandi esercenti (ristorazione e GDO);
i piccoli accettatori superano il problema accettando i BP, anche fuori convenzione, utilizzandoli a loro volta per l’acquisto di materie prime dalla GDO, con ciò rischiando l’aggiramento delle disposizioni di legge;
la situazione che si è venuta a determinare relega di fatto e loro malgrado i grandi accettatori al ruolo di “concentratori o riciclatori” dei BP, costringendoli a subire commissioni che dovrebbero essere a carico dei piccoli esercenti, favorendo in tal modo, involontariamente, potenziali casi di evasione fiscale dei piccoli esercizi, che accettano i BP fuori convenzione rimettendoli in circolazione;
grandi ristoratori e GDO diventano quindi sempre di più il terminale di utilizzo dei BP e permettono loro malgrado ad un sistema viziato ed irregolare di reggere, subendone, in quanto “parte condizionata”, i costi maggiori;
considerato altresì che:
il passaggio all’utilizzo di buoni pasto elettronici (BPE), incoraggiato anche da specifiche agevolazioni fiscali, comporta inspiegabilmente un aumento di costi per gli accettatori;
le commissioni standard restano invariate intorno all’11 per cento;
i BPE eliminano di fatto i costi “accessori” dei buoni cartacei (conteggio, sfridi per falsi o rubati, attività amministrative) pari a circa l’1 per cento dei volumi gestiti;
gli emettitori applicano però ai BPE una fee aggiuntiva per ogni buono transato, che corrisponde mediamente al 2,3 per cento dei volumi gestiti, determinando, quindi, rispetto ai buoni cartacei, un costo aggiuntivo dell’1,3 per cento;
a tali costi aggiuntivi vanno conteggiati gli oneri legati agli investimenti in hardware e software necessari per consentire l’accettazione dei BPE, dato che la spinta verso la diffusione dei BPE è stata avviata senza che si sia definito uno standard comune per l’emissione e per le modalità di accettazione. Alle commissioni più elevate, si aggiunge quindi l’ulteriore criticità dovuta alla mancanza di uno standardcomune (ingiustificabile dal lato tecnico), per cui i grandi accettatori devono dotarsi di molteplici POS o implementare un proprio sistema di “lettura” dei BPE, con conseguente aggravio di costi e aumento di complessità,
si chiede di sapere:
se non si ritenga di dover riconoscere con sollecitudine la valenza pubblica e sociale del fenomeno dei buoni pasto, apportando le necessarie correzioni e regolamentazioni alle attuali dinamiche di mercato, che rappresentano, in alcuni casi, deviazioni patologiche rispetto al corretto funzionamento del regime concorrenziale;
in particolare, se non si ritenga di dover intervenire per: limitare gli sconti riconosciuti dagli emittenti (anche in sede di gare di appalto pubbliche) rispetto al valore nominale dei buoni pasto, in base a corretti parametri di mercato; porre un limite alle commissioni attualmente applicabili agli esercenti, affinché vengano definite in base a corretti parametri di mercato; assicurare la massima trasparenza nelle procedure di gara, limitando e sanzionando eventuali comportamenti scorretti degli emettitori, che possono tendere ad offrire servizi “aggiuntivi” obbligatori per compensare le minori commissioni (o i maggiori sconti) pattuiti; determinare parametri di solidità o liquidabilità per le società emittenti, al fine di garantire la solvibilità delle imprese creditrici, definendo parametri di riferimento e caratteristiche finanziarie aziendali minime e prevedendo, in loro assenza, strumenti di tutela del mercato più ampi, quali ad esempio fondi di garanzia, fideiussioni o altre soluzioni; garantire, secondo parametri univoci, i tempi di rimborso dei buoni pasto (definizione di tempi massimi per fatturazione e pagamento) e regolamentazione per la gestione di eventuali contenziosi, in modo che piccole dispute non vengano utilizzate strumentalmente per ritardare i pagamenti; definire, entro tempi congrui, uno standard comune per consentire agli esercenti di accettare con un unico POS il pagamento con i BPE di diverse società emettitrici.
(4-06924)
INTERROGAZIONE CENTINAIO, LN-AUT SENATO, SU SANZIONI CATTURA ITTICA ACCIDENTALE
Atto Senato
Interrogazione a risposta scritta 4-06930
presentata da
mercoledì 1 febbraio 2017, seduta n.753
CENTINAIO – Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali – Premesso che:
l’articolo 39, comma 1, lettera a), della legge 28 luglio 2016, n. 154, “Collegato agricoltura”, ha modificato il comma 5 dell’articolo 11 del decreto legislativo 9 gennaio 2012, n. 4, in tema di sanzioni amministrative in materia di pesca e acquacoltura;
in particolare, il suddetto comma 5 prevede che gli operatori del settore ittico siano passibili di sanzioni amministrative, che si applicano per la violazione delle disposizioni contenute nei commi 3 e 4 dell’articolo 10 del suddetto decreto legislativo (come modificato dal Collegato agricoltura) relativamente alla cattura, accidentale o accessoria, delle specie ittiche la cui taglia è inferiore a quella taglia minima. Le sanzioni vanno da un minimo di 1.000 euro ad un massimo di 75.000 euro, in proporzione al peso del pescato, e raddoppiano nel caso in cui le specie ittiche siano il tonno rosso o il pesce spada;
quasi sempre gli operatori ittici catturano accidentalmente alcune specie sotto misura e, quindi, la cattura involontaria non dovrebbe comportare sanzioni così ingenti come quelle esposte, in quanto la misura delle stesse sanzioni potrebbe compromettere la continuazione dell’esercizio dell’attività;
il regolamento (CE) n. 1224/2009 del Consiglio del 20 novembre 2009 che istituisce un regime di controllo comunitario per garantire il rispetto delle norme della politica comune della pesca, al comma 2 dell’articolo 89 stabilisce che “il livello globale delle sanzioni e delle sanzioni accessorie è calcolato in modo da garantire che i trasgressori siano effettivamente privati dei vantaggi economici derivanti dalle infrazioni da essi commesse, fatto salvo il diritto legittimo di esercitare la loro professione. Tali sanzioni sono altresì atte a produrre effetti proporzionati alla gravità dell’infrazione stessa”;
altresì, l’articolo 90 del regolamento stabilisce che la gravità di un’infrazione è determinata dall’autorità competente dello Stato membro, tenendo conto della natura del danno arrecato e del suo valore, della situazione economica del trasgressore e della portata dell’infrazione o della sua reiterazione,
si chiede di sapere se il Ministro in indirizzo non ravvisi la necessità ed urgenza di adottare dei provvedimenti che portino alla revisione completa o quantomeno alla riduzione delle suddette sanzioni amministrative, rendendole, come stabiliscono gli articoli del regolamento (CE) n. 1224/2009, produttive di effetti proporzionati alla gravità dell’infrazione, nonché che tengano conto della natura del danno arrecato e del suo valore, così da tutelare maggiormente gli operatori del settore ittico riguardo al fenomeno della cattura accidentale.
(4-06930)